lunedì 12 dicembre 2011

"The Walking Dead" - Seconda Stagione (Parte Prima)

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THE WALKING DEAD (2010)





Creatore: Frank Darabont

Attori: Andrew Lincoln, Jon Bernthal, Sarah Wayne Callies

Paese: USA



La seconda stagione della serie sugli zombi che ha smosso non pochi entusiasmi è giunta alla pausa invernale, per la precisione al settimo di 13 episodi che farebbero bene, al netto di cambi eventuali di rotta, ad autodecimarsi. Si trascinano a fatica e fanno versi strani come i morti viventi che raccontano, e con morti viventi non ci si riferisce alle creature che divorano, ma a quelle che dovrebbero essere divorate, così poco interessanti da capovolgere il ruolo negativo dei c.d. walkers. Chiunque mangerebbe volentieri personaggi simili, il cui spessore è pari a quello di una fettina di bacon. In questo senso, infatti, la serie potrebbe essere rivalutata completamente, quale prodotto che rivoluziona una figura cardine del cinema horror, delineandone un'utilità sociale affatto indifferente: divorare il piattume.


La prima stagione non era stata certo folgorante, tuttavia riusciva a non far svegliare un cervello che sarebbe altrimenti stato costretto a criticare ad oltranza. Qualche volta, invero, non può fare a meno di destarsi ma fortunatamente coccole di vario tipo, quali scenari metropolitani post-apocalittici e teste esplose con conseguente sangue sparso, lo cullano fino a farlo riaddormentare. Il rischio è però sempre lì nei paraggi e la stagione al termine ci arriva con estrema fatica. In particolare la parentesi dell'accampamento diviene noiosa in tempi record causa sottotrame da soap-opera, banalità e veggenti vari. La parte iniziale però, come anche quella finale, sono fuori da quella parentesi e la serie riesce così ad offrire anche altro; quel tanto che basta per tenerla in piedi. Inoltre la fine della prima stagione potrebbe per certi versi anche far ben sperare in un po' di entusiasmo ignorante e senza fronzoli, ritrovandosi i protagonisti nuovamente on the road.
Ed è infatti una strada deserta lo scenario che apre la premiere della seconda stagione, che non a caso è l'unica parte interessante. Incredibilmente gli sceneggiatori, dopo averci liberati dall'accampamento più noioso della storia, decidono di dedicare un'intera metà della stagione successiva ad un altro accampamento, più piatto dell'altro perché ancora più sicuro. Sono infatti, le ultime andate in onda, le 7 puntate meno divertenti e coinvolgenti della serie fino a questo momento, concedendo le stesse ancora più spazio alle dinamiche e agli aspetti che non funzionavano nella prima stagione.

Al di là della forzatura per cui in mezzo ai boschi un bimbo viene sparato da un cacciatore guarda caso amico di un dottore che è guarda caso nei dintorni, perché un padre deficiente ha deciso di portarsi dietro il figlio piccolo per andare a caccia di zombi, il problema è la dimora in cui ci si ritroverà tutti insieme allegramente. Purtroppo per chi guarda la villa sembra un'isola felice, ed effettivamente lo è. Anzi, per evitare di proporre cose troppo diverse da quelle già proposte nella stagione precedente, i nostri si accamperanno nel giardino; si tornerà, quindi, a subire dinamiche assai irritanti e ad ammirare quelle tende a cui ci eravamo affezionati quando non c'era molto altro verso cui provare empatia.


C'è un motivo per cui soap-opera è usato da gente non cerebrolesa per indicare qualcosa di molto brutto, che è poi lo stesso motivo per cui la struttura della stessa deve restare ad una distanza siderale dalla sceneggiatura di una serie che tale vuole definirsi. Ma evidentemente “TWD” quella distanza non ha alcuna intenzione di rispettarla, tanto che senza remore di alcun tipo mette in scena robe improponibili: un amore fresco fresco di fioritura fra due ragazzini, che però il padre improvvisato di lei (Stephanie Forrester) non vede di buon occhio; Lori (Brooke), moglie di Rick (Ridge) si ritrova in grembo un futuro morto vivente, ed essendosi divertita con Shane (Nick Marone) la situazione si fa chiaramente ambigua; per contro Shane dopo aver minacciato di andarsene via da solo “perché è meglio così”, frase che alle donne fa sempre molto sangue, inizia a sbattersi Andrea per dimenticare, però il di lei autoimpostosi padre fa sentire la sua contrarietà alla cosa senza che nessuno gliela abbia chiesta. In tutto ciò il bambino di cui sopra si riprende ed inizia a parlare come un 40enne con una vita alle spalle.
Amori, tradimenti e litigi sono parte integrante dell'interazione tra esseri umani, quindi non si può essere così sciocchi da definirli scontati a prescindere. Il problema qui è il come vengono presentate, l'assenza di un quadro nel complesso coinvolgente, l'assoluta banalità della messa in scena.

Non è difficile capire, con questi presupposti, il motivo per cui l'empatia sia praticamente inesistente. Un'introspezione scolastica delinea caratteri per niente degni d'interesse, banali e spesso irritanti. Non ci si soffermerà sui singoli personaggi perché le descrizioni degli stessi sarebbero solo un susseguirsi di sinonimi del termine “piatto” (tranne forse nel caso di Daryl). L'unico a cui è il caso dedicare qualche riga in più è Shane, che pur dovendo essere un personaggio con un turbinio di emozioni tale da renderlo interessante nella sua ambiguità è al contrario in assoluto il più fastidioso, in quanto concentrato di stereotipi insopportabile. E un personaggio stereotipato, intendiamoci, non è necessariamente negativo; al contrario se lo stereotipo è usato con coscienza e consapevolezza può risultare determinante. Nel caso in specie, invece, il tutto si mantiene a metà tra lo stereotipo involontario e la ricerca infruttuosa di spessore. A venir fuori non è né una serie diretta, adrenalinica, violenta e meravigliosamente ignorante, né una serie solida e matura, capace di approfondire con mestiere e credibilità. Non potrebbe riuscirci anche volendo, essendo i dialoghi di una pochezza desolante: "[attimi di silenzio]... Pensi che ci sia un Dio lassù?”.
Ad affossare ulteriormente i morti viventi vivi delle interpretazioni, peraltro quelle principali, che definire odiose sarebbe un eufemismo. Esageratamente caricate e posticce, tanto da risultare finte praticamente ad ogni espressione. A svettare è ancora una volta Shane, interpretato da un Jon Bernthal che sembra affetto dalla sindrome del ghetto; quella della donna nera furiosa con quella della casa popolare affianco che ha sbattuto il tappeto sul suo balcone; quella recitazione nevrotica in cui la testa, da sola, sembra in preda a convulsioni; eccessiva e per niente convincente. 


È principalmente la noia, quindi, ad accompagnare le ultime sette puntate di “TWD”. Se la si è seguita fino a questo punto è perché i soldi spesi hanno permesso al comparto tecnico di proporre parentesi riuscite, come un Atlanta deserta e invasa dagli zombi. La prima parte della seconda stagione, invece, è il prodotto di tagli che addirittura inizialmente si era proposto di concretizzare - soluzione geniale - eliminando gli zombi e suggerendo la loro presenza unicamente col sonoro. Tagli che per forza di cose vanno ad incidere su quel tratto più spettacolare che era poi anche il punto di forza della serie, senza il quale ci si ritrova a sorbirsi dosi massicce proprio di quell'intreccio scadente di cui si parlava in precedenza.
Sembra inoltre che la situazione non tenda verso miglioramento alcuno. Stando alle dichiarazioni della produzione “alla prima stagione, in quanto tale, è stato dedicato un budget elevato, al punto di renderla un lungo pilot. Dalla seconda il budget torna ad essere quello normalmente dedicato ad un prodotto televisivo”. Se con quei soldi hanno reso valida solo parte della prima stagione, è il caso di chiedersi quanto riusciranno a fare con quella in corso. E se il livello è quello proposto fino a questo middle season, allora è lecito affermare che ci si è abbondantemente giocati anche questa serie.


5 commenti:

  1. e anche qui, hai tristemente ragione.
    Una serie dal potenziale gigantesco (almeno per me, che sono zombofila), tratta da un fumetto davvero buono, che è diventata una soap opera noiosa e senza un minimo di mordente.
    Il problema è che TWD è una serie sugli zombi, senza gli zombi.
    Io trovo ancora qualcosa da salvare (il finale della settima puntata) e, a differenza tua, penso che l' unico personaggio affrontato con un briciolo di senso sia proprio Shane, che si comporta come ognuno di noi farebbe in circostanze simili.
    Altro carattere ben riuscito è Daryl, giusto, solo che è rimasto un po' troppo in ombra. Certo, se avessero le palle di far tornare alla grande il fratellino, almeno un motivo per seguirla ci sarebbe.

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  2. @ilgiornodeglizombi
    Si, il finale è piaciuto anche a me. Come del resto Shane che fa ciò che fa per portare il necessario per l'operazione a casa. E però son singole uscite che si perdono in un mare di assoluto piattume.
    Quanto al personaggio, mi risulta strano ciò che scrivi, io credevo fosse obiettivamente insopportabile, è fastidiosissimo. Certo, la recitazione influisce enormemente sul mio giudizio che altrimenti sarebbe stato in tutta probabilità assai meno categorico.

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  3. a me la seconda invece sta piacendo di più della prima. sarà che io non sopporto gli zombie e quindi meno ce n'è e più sono contento! :)
    comunque ci sono serie molto più interessanti in giro...

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  4. Vedi, Shane, nel contesto di un' apocalisse zombi, è l' unico che agisce in maniera un minimo realistica, ovvero cercando di portare a casa la pellaccia. Gli altri, tutti presi a essere bbbuoni e domandarsi se dio li ascolti, sono insostenibili. Se non altro Shane è uno che bada a sopravvivere...che poi è anche strano, perché è l' unico personaggio che nel fumetto c'è solo il primo numero.

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  5. @Marco
    Pià che agli zombi mi riferisco all'azione, che per forza di cose in questa serie è sì legata agli zombi.
    A quali serie ti riferisci, comunque?

    @Ilgiornodeglizombi
    Su quello si, sono assolutamente d'accordo. Il problema però è l'eccesso involontario, cosa che purtroppo non riesco a tollerare, neanche per sbaglio. E secondo un po' eccessivo lo è.

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